Brani tratti dal libro “La mia Certosa” di Alessandro Maria Campagnoli.
“Ecco che molto tempo dopo un altro monaco, Padre Sisto (al secolo Vincenzo Giacomini, ciociaro) decide di spendere la vita proprio su codici miniati ed incunaboli ereditati dal passato e danneggiati dal tempo.
È uno dei più famosi restauratori d’Europa: grazie ad una singolare miscela di tradizione antica e di tecnologia moderna è in grado di restituire allo splendore perduto vetusti manoscritti.
In tre locali della foresteria il religioso ha creato il suo laboratorio di restauro. Schivo, secondo l’abito monastico, sostiene che il suo lavoro non è diverso da quello dei suoi confratelli impegnati a guidare i turisti o a coltivare l’azienda agricola.
Di diventare restauratore, dice, glielo ha ordinato il Padre generale dell’Ordine ed egli ha soltanto cercato di farlo nel migliore dei modi.
Non c’è infatti scrittura o sgorbio che non sia in grado di decifrare, non c’è brandello di codice che non sappia ricomporre, non c’è muffa o macchia che possa sfuggire al suo intuito diagnostico, ed ogni pagina, anche la più sgualcita, sotto le sue abilissime mani, rinasce a nuovo splendore.
Certi suoi restauri si direbbero opera di alta chirurgia; autentici trapianti ed innesti. Nel laboratorio della Certosa vengono eseguiti lavori impegnativi e difficili.
«Quanto tempo si impiega a restaurare un libro?» chiedo al maestro del restauro. «Dipende tutto dalle condizioni. C’è il manoscritto che si può sistemare in due giorni e quello su cui si lavora quattro mesi», mi risponde.
Al laboratorio arrivano libri da tutto il mondo, compresa la Russia.
Egli stesso è stato a Mosca per illustrare le sue tecniche di restauro: compito non tanto difficile, visto che conosce perfettamente cinque lingue, oltre al latino medievale. Codici miniati, manoscritti, incunaboli, libri tarlati o ammuffiti, preziose stampe ed incisioni dal secolo XI al XVII vengono amorevolmente curati da Padre Sisto.
Ma qual è il procedimento tecnico seguito dal discepolo di San Bernardo per restaurare i volumi?
Il primo atto è la compilazione di una cartella clinica nella quale si diagnostica la malattia e si indicano gli interventi necessari. Poi incomincia la cura vera e propria. Anzitutto i volumi sono sottoposti a delicati procedimenti: vengono collocati per due giorni in una camera a gas contenente aldeide formica la quale elimina le muffe, i funghi e gli altri microrganismi: si tratta di una disinfestazione antibatterica resa necessaria dal clima umido delle biblioteche monastiche, che favorisce il proliferare di agenti biologici.
Se poi i libri sono acidi, si procede alla de-acidificazione. La carta, difatti, può essere corrosa a causa dell’acidità: o perché l’inchiostro è composto di sostanze acide, o perché si è ossidato, o ancora perché nell’impasto della carta è stata usata acqua acidula.
Per i libri a stampa questa operazione avviene in un bagno a base di anidride carbonica e carbonato di calcio; per quelli non acidi il lavaggio avviene in acqua calda. Per il manoscritto, invece, si pongono altri problemi: bisogna vedere prima se l’inchiostro tiene.
Dopo aver lasciato asciugare i fogli precedentemente staccati ed eventualmente fotografati nelle parti più significative, si procede al rinforzo della carta con un apposito collante. Quindi i fogli vengono messi sotto pressa. Assai più complesse sono le tecniche di restauro delle pergamene e, soprattutto, dei papiri, che sono fragilissimi.
Avvalendosi di una grande quantità di collanti, coltelli, bisturi e altri arnesi, il monaco procede al rinforzo del libro, foglio per foglio, millimetro per millimetro.
Infine, sulle pagine più lesionate, viene innestata una speciale ‘carta giapponese’ protettiva. «Noi monaci non abbiamo limiti di orario e di tempo: per questo i nostri restauri sono più curati. È lo stesso motivo per cui i nostri liquori sono più buoni ed i frutti del nostro orto più saporiti. Per noi il tempo non è denaro: questo è il segreto. Come ogni Benedettino, non facciamo che pregare e lavorare» mi dice Padre Sisto.
Egli, anche se modesto nel suo comportamento, è uno fra i ‘chirurghi del libro’ più apprezzati e ricercati. Da quando ha aperto il suo laboratorio, il religioso ha rimesso a nuovo circa 500 volumi.
Tutto il paese gli vuole bene. La domenica celebra due affollate messe in parrocchia, nella chiesa di San Michele arcangelo, alle 9.30 ed alle 11.00; conosce vita, opere, miracoli di ogni casa e si lamenta quando gli entusiasmi si raffreddano subito.”
“Per il santo Natale 1987 la Certosa ha una ben triste sorpresa: vengono infatti chiuse per sempre le porte del laboratorio di restauro del libro antico, istituito proprio tra le mura del monumento da Padre Sisto Giacomini, il monaco cistercense che per circa 20 anni ha curato preziosi manoscritti e codici miniati, gioielli del patrimonio culturale nazionale e straniero. Il monaco si trasferisce con il suo ‘atelier’ alla Certosa fiorentina di Galluzzo e da qui riprende i contatti con le scuole del restauro del libro di Mosca, Leningrado, Lipsia.
Prima di lasciare la Certosa, Padre Sisto ha un riconoscimento da parte delle amministrazioni comunali di Certosa e di Pavia. Quest’ultima gli conferisce ‘L’onorificenza di San Siro’, assegnata a tutti coloro che hanno contribuito alla crescita della città. La notizia commuove il maestro del restauro: «Sono cose che ti danno una carica. Non è un fatto indifferente. Sei stato qui, hai fatto qualcosa e lo si riconosce».
Gli chiedo: Che cosa ti hanno dato circa 20 anni di lavoro nella scuola da te fondata?
“Hanno rafforzato l’amore per il libro e per la cultura. Il libro deve essere conservato perché è una testimonianza, una parte di civiltà.”
E che cosa ha insegnato la pratica del lavoro a te che hai abbracciato la vita monastica da ragazzino e ti sei formato su studi umanistici?
Mi viene in mente il filosofo Giambattista Vico, che parlava dei corsi e ricorsi della storia».
Tra le cose che Padre Sisto porta con sé a Firenze, oltre agli strumenti di lavoro ed ai suoi quadri, non manca la sua bicicletta usata anche quando «c’era la neve alta così», e la ricetta di un suo piatto che lo ha reso famoso tra gli amanti della buona cucina, il ‘boccone del frate’ a base di rigatoni, funghi e lingua.
Tutta la comunità parrocchiale saluta amabilmente Padre Sisto, in un abbraccio fraterno, presso il Teatro Araldo la sera di sabato 23 ed il religioso celebra la sua ultima messa a Certosa, nella chiesa di San Michele arcangelo, domenica 24 gennaio 1988.”
Grazie Don Sisto per tutto quello che hai fatto per Certosa e per i suoi abitanti.